Mercoledì 18 e Giovedì 19 giugno 2025 si è svolto a Siena il seminario conclusivo del progetto “Italian Cold War Borders: a new research framework on transformation during détente”, ospitato dal Dipartimento di Scienze storiche e dei beni culturali dell’Università di Siena, con la collaborazione del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico militari.
Il seminario ha indagato complessivamente questi aspetti con il coinvolgimento di studiosi italiani e stranieri, partendo dalle riflessioni di Katia Pizzi (University of London) e Klaus Dodds (Royal Holloway University).
Le relazioni hanno affrontato il tema della distensione durante la Guerra fredda a partire da una prospettiva territoriale, concentrandosi sul modo in cui il nuovo clima internazionale si riflesse e si tradusse nelle aree di confine italiane tra la metà degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta. In questa fase, il venir meno della pressione bipolare immediata non determinò un semplice arretramento della logica del conflitto, ma aprì invece spazi di riorganizzazione strategica, politica e simbolica dei confini.
Attraverso un insieme di casi di studio eterogenei – che comprendono il confine alto-adriatico e la comunità slovena, l’Alto Adige e i rapporti italo-austriaci, le vallate alpine come luoghi di convivenza e di militarizzazione, fino alla progressiva territorializzazione dello spazio marittimo nel Mediterraneo centrale – i paper mettono in luce il carattere multilivello dei processi di distensione.
Particolare attenzione è dedicata al ruolo delle minoranze etnolinguistiche, alla coesistenza tra apertura e controllo, al nesso tra politiche locali e strategie statali, e al modo in cui la distensione contribuì alla ridefinizione delle forme di sovranità. I confini, lungi dall’essere spazi marginali, emergono così come laboratori privilegiati per osservare le trasformazioni dell’Italia repubblicana nel quadro più ampio della politica internazionale.
